di Luca Chierici
Una presenza in un luogo prestigioso del concertismo come è il Teatro alla Scala non significava per Beatrice Rana un primo contatto con il luogo che l’ha vista già diverse volte protagonista di serate di successo.
Eppure quella dell’altra sera si è rivelata essere non soltanto la conferma di un talento del quale nessuno ha mai dubitato ma anche la rivelazione di un qualcosa di più, la capacità di confezionare un programma di grande spessore e di porgerlo al pubblico con bravura e convinzione estreme. Si è iniziato con una breve serie mendelssohniana di Romanze senza parole intervallate dai due Scherzi op.16 per passare alla raramente eseguita seconda sonata di Brahms per finire con un dittico raveliano formato da Gaspard de la nuit e da La valse. Programma coraggioso perché le Romanze di Mendelssohn si ascoltano in genere come bis isolato e raramente come ciclo, ancora oggi essendo questo autore vittima di pregiudizi duri a morire. E la Rana ha sfoderato un pianismo niente affatto mite – soprattutto nell’op.19 n.3 – ricordandoci come l’autore sia tutt’altro che incline solamente a un lirismo di maniera.
Il discorso relativo alla Sonata op.2 di Brahms è ancora più significativo perché in questo caso pochi e di alto livello sono i paragoni che si possono avanzare (Arrau, Richter, Zimerman, la giovane Argerich e oggi Alexander Kantorow) e la nostra pianista ha avanzato una lettura per molti versi nuova e di estremo interesse, sottolineando anche il legame tra l’opera e la dedicataria Clara Schumann. A completare il programma che la Rana sta portando in giro oggi per il mondo – mentre scrivo queste righe noto che ci sarà un interessante bis parigino proprio martedì 15 ottobre – si sono ascoltate due pagine raveliane eseguite ancora con estremo virtuosismo (i glissandi a due mani de La Valse !) e due bis di Mendelssohn e Brahms come da naturale corollario al programma principale. Successo meritatissimo e applausi a non finire.